La legge non è un totem da venerare. La
Regione deve ripensare il proprio modello organizzativo. I sindaci del Valdarno abbiano più
coraggio e decisione
Stessa
musica di sempre quella suonata ieri sera a San Giovanni dall’assessore regionale alla sanità Stefania
Saccardi nel corso dell’assemblea pubblica organizzata dal PD. Un’assemblea
affollata di operatori, esponenti di vari comitati, sindaci, assessori e
consiglieri comunali. Due i punti critici della tesi di Saccardi:
La
conferma della rigidità della legge regionale in tema di confini amministrativi
della aziende e, quindi, dell’ipotesi distretto Valdarno; La mancanza di
volontà nel dare piena attuazione alle norme della legge che permettono di
integrare servizi pubblici e privati per abbattere le liste d’attesa in
diagnostica e specialistica. In sostanza, secondo l’assessore, il distretto
unico del Valdarno (con l’integrazione dei due presidi ospedalieri) sarà
possibile solo se i comuni in terra d’Arezzo e quelli in terra fiorentina
concorderanno di appartenere ad una unica azienda sanitaria. Ciò equivale a
dire che i valdarnesi possono scordarsi il distretto unico, l’integrazione
ospedaliera e, in futuro, anche qualche servizio. A questa impostazione i due autorevoli
sindaci PD intervenuti, hanno saputo o voluto opporre la più semplice delle
eccezioni: La legge regionale non è né può essere un totem da venerare! Se per
zone storicamente e territorialmente omogenee sono opportune e funzionali ai
bisogni dei cittadini soluzioni flessibili la legge deve prevederle. Al netto delle furbate tattico-politiche
oggi occorre rilevare che su questo specifico punto la sindaca di Montevarchi
Chiassai ha molte ragioni.
Sulle
liste di attesa per diagnostica e specialistica Saccardi ha spiegato, tra le
altre cose, che si potrà affidare al privato sociale (“alle Misericordie”)
qualche funzione. Può darsi che a Firenze e nei comuni fiorentini il privato
sociale abbia esperienze e centri efficienti. Altrove queste realtà non
esistono e conviene inventariare il privato che esiste per integrarlo nel
sistema su base trasparente e non, magari, attraverso contrattazione
individualistiche. Su questo l’assessore, esprimendo una visione ideologica non
condivisibile, sembra non sentirci. Le ricordiamo volentieri che il diritto
alla salute è dei cittadini non delle strutture pubbliche o del privato
sociale, non della divisione amministrativa del territorio su criteri
opinabili.